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Cosa sta succedendo dentro il Pd

Pubblicato da di Cristiana Alicata in Politica · 29/10/2011 23:54:31

Cosa sta succedendo dentro il Pd: ovvero come orientarsi tra falsi e originali innovatori
di Cristiana Alicata

Da giorni sto pensando di scrivere una specie di manuale per l’elettore democratico (e non solo per lui), disorientato dalla quantità di raduni giovanili che il Pd sta partorendo a cui nemmeno Bersani si sottrae. Come distinguere insomma i falsi dagli originali? Come distinguere chi vuole davvero cambiare o chi lo dice e non lo farà mai? Non è una cosa semplice. In questo tempo malato e distorto dall’effetto mediatico basta un bel discorso di 5 minuti con qualche parola chiave che tocca la sensibilità dei tempi (molta rabbia e senso di impotenza) per avere un effetto volano incredibile. I giornalisti poi con queste cose ci vanno a nozze e incoronano leader a rotta di collo per avere qualcosa su cui scrivere visto che D’Alema e Veltroni ormai annoiano moltissimo e come dargli torto. Ma chi pensa che i grandi vecchi del Pd stiano a guardare si sbaglia di grosso. Per questo nel Paese dei Camaleonti dove tutto cambia per non cambiare nulla, è fondamentale sapersi orientare.

Stanno accadendo fondamentalmente tre cose:

1) gruppi di giovani facilmente riconducibili a patti di fedeltà ed appartenenza che si radunano o scrivono documenti per confondere le idee. Non hanno alcuna voglia di mettersi contro i propri padri di partito. E’ il caso di T-Party, gruppo di giovani trentenni facilmente riconducibili a Fioroni e compagnia (se sbaglio è di poco, siamo lì) o dei TQ trenta quarantenni di stretta osservanza dalemiana. Qualche varianza ci sarà, in ogni caso non sono pervenute, mai, casistiche in cui si sono opposti al parere del loro capo bastone di turno, quindi consentitemi di considerarli dei semplici successori dinastici. Preparati, ma dinastici. Se volete la mia opinione hanno chiesto il permesso o gli è stato chiesto esplicitamente di fare un po’ di confusione per “offuscare” quelli che davvero il cambiamento lo vogliono.

2) Il trio Serracchiani, Civati e Renzi, aggiungendovi anche il vicepresidente Pd Ivan Scalfarotto che, un passo indietro, se li coccola, lui che dei rinnovatori è stato il pioniere, correva ancora l’epoca di Prodi. Li metto insieme perché sono quelli che vogliono il ricambio da sempre, lo dicono da anni e chi più chi meno lo praticano anche. I tre usano parole più dure e hanno più carisma (perché più credibili degli altri visto che da tempo dicono queste cose anche quando non andava di moda la contestazione giovanile nel Pd). A ben guardare anche negli incontri di questo trio si presenta qualcuno di vecchio e stantio che prova a farsi caricare sul treno. La loro capacità sarà tutta nel saper imporre il ricambio attuando una vera e propria rivoluzione nel Pd senza cedere a compromessi e soprattutto andando a sporcarsi le mani nelle dinamiche del partito per non correre il rischio di diventare foglie di fico di roba scaduta. Attorno a loro ci sono le migliori maestranze dell’amministrazione democratica da Ilda Curti mancata sindaco di Torino fino a Sergio Chiamparino campione di un’idea riformata del welfare e di una visione sui diritti civili tra le più avanzate della sua generazione. Il sindaco di una città che la fabbrica la conosce bene e che se lo ascoltassimo scopriremmo che è qualcuno della passata generazione in grado di traghettare la sinistra nel III millennio esiste ed ha un volto.

3) Nicola Zingaretti. Qui il discorso si fa più complesso. Lanciato a diventare il prossimo sicuro sindaco di Roma, Zingaretti ha lanciato le sue 10 mosse per cambiare l’Italia un giorno prima del Big Bang di Renzi. Rispetto a Renzi che non usa filtri per dire cosa vuole e come lo vuole, Zingaretti si mantiene sempre istituzionale e non entra mai (almeno pubblicamente) nelle dinamiche interne al partito. E’ una faccia nuova per i non addetti e potrebbe diventare la carta bersaniana per salvare la "baracca" perché può tenere insieme il vecchio apparato e l’idea di rinnovamento: l’anti Renzi, insomma. Zingaretti deve avere il coraggio di rompere con i vecchi capo bastone, fare capire loro che non è il loro campione e unirsi al trio di cui sopra. Da lui, secondo me, può dipendere molto: deve solo avere più coraggio. In questo momento è quello ancora non collocato.

Sembrerebbe solo un tema di facce e non di idee e questo non è affatto vero e non renderebbe merito al dibattito. C’è una questione per prima cosa di credibilità. Non è più tempo di bei discorsi e belle parole e bei programmi conditi da slogan. La domanda da farsi è: chi è che questa spinta al cambiamento la pratica davvero? Chi è che nelle dinamiche vere, reali, sui territori fa saltare i tavoli dei vecchi potentati, si candida o comunque cerca in tutti i modi di imporre il cambiamento? I nuovi leader andranno misurati solo e soltanto su questo. Una volta individuati i veri leader dai semplici prestanome dei vecchi, a quel punto possiamo entrare nel merito della sostanza.

Solo per fare un esempio delle tante cose in ballo. Quale società? Una società moderna che riformi completamente il mercato del lavoro non, badate bene, consentendo il licenziamento selvaggio, ma rendendo uguali le condizioni del lavoro di tutte le generazioni a venire: consentendo a tutti un contratto di lavoro, regolamentando l’accesso al credito, riformando il costo del lavoro per le imprese. Viviamo un tempo con due Italie. Non nord e sud, ma vecchi e giovani. Due welfare diversi. Due prospettive diverse. La sinistra deve comprendere i tempi e saper trovare un modo nuovo di pensare il mondo del lavoro con un occhio al lavoro femminile e quindi dedicando risorse ad agevolarlo: asili nido, paternità obbligatoria e orari di lavoro sensati, promuovendo l’efficienza. Una società dove tutti siano uguali e realizzati nella loro dimensione e quindi "annessi" al Paese. Il Pd deve annettere gli italiani all'Italia e renderli parte di un'avventura collettiva, non di un continuo sopruso.


29 ottobre 2011


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